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Lavorare in Francia: vantaggi e svantaggi

Quando si parla di lavorare in Francia, le domande che mi vengono poste sono quasi sempre le stesse:

“Com’è lavorare a Parigi?

“Il lavoro c’è?”

“Gli stipendi sono migliori rispetto all’Italia?”

La mia risposta è sempre la stessa: dipende da tante cose.

Tutto è relativo alle proprie attitudini e ambizioni personali e soprattutto al tipo di lavoro che si cerca. Dare una risposta assoluta a tutte queste domande è impossibile, ma dopo ben 9 anni di vita a Parigi mi sento in grado di poter fare un bilancio tra le cose che amo del mio espatrio francese e altre che invece apprezzo di meno. Molte di queste riguardano la sfera professionale, che ho avuto modo di scoprire a pieno durante la mia permanenza.

La mia esperienza è limitata alla sola città di Parigi e soprattutto al campo scientifico, molto particolare in termini di stipendio, risorse e soprattutto implicazione. Ma la mia “storia” professionale mi permette comunque di riassumere quelli che, a mio parere, sono i principali vantaggi e svantaggi del lavorare in Francia.

Vantaggi: opportunità, flessibilità, previdenza sociale e… ferie!

Tra i vantaggi del lavorare in Francia c’è quello di godere di tantissime ferie!

Le opportunità professionali in Francia non mancano, soprattutto a Parigi. Molto richiesti e anche abbastanza ben pagati sono i professionisti della ristorazione, nonché economisti ed ingegneri in campo civile, informatico, elettronico e biomedico. La Francia si tratta di un paese in cui la meritocrazia viene premiata ed un buon curriculum viene sempre riconosciuto e valorizzato.

Sebbene il “cartellino da timbrare” esista sempre per alcune professioni, in Francia gli orari di lavoro sono per lo più flessibili, in particolare per i quadri aziendali. Questo aspetto puó comportare anche alcuni svantaggi , di cui parleró in seguito.

In campo accademico e scientifico la competizione è molto più alta, ma la selezione del personale viene fatta in maniera meritocratica e trasparente. Ottima notizia per gli espatriati: non è detto che il CV di un francese abbia per forza la priorità su quello di uno straniero. Ne è un esempio il numero in continuo crescita di ricercatori italiani che decidono di fare carriera in Francia.

La Francia è poi un paese molto attento alla previdenza sociale.

Una buona percentuale di tasse e contributi servono ad assicurare dei servizi molto importanti per lo stato francese: la sicurezza sociale e la disoccupazione. Nelle maggior parte delle aziende francesi, l’assicurazione sanitaria complementare (mutuelle) è parzialmente pagata dal datore di lavoro, così come i buoni pasto e l’abbonamento ai trasporti pubblici. Inoltre, è sufficiente aver lavorato per almeno 6 mesi nei precedenti 2 anni per avere diritto allo chômage, ovvero il sussidio di disoccupazione ottenibile in caso di licenziamento, rottura convenzionale o fine di un contratto a tempo determinato.

Numerosi sono poi i sussidi economici di cui  i dipendenti possono godere in Francia, soprattutto in caso di famiglia numerosa e reddito basso. La previdenza sociale è un argomento talmente complesso da meritare senz’altro un articolo a parte!

Ultimo ma non per ordine di importanza: i contratti francesi hanno tantissime ferie pagate.

I dipendenti ha diritto ad almeno 5 settimane l’anno di ferie pagate, esclusi weekend e giorni festivi,  quest’ultimi molto frequenti in Francia. A queste si aggiungono altri giorni di ferie supplementari chiamati RTT, ovvero Réduction du temps de travail. Una riforma del 2002 messa in atto dall’allora primo ministro Lionel Jospin ha infatti fissato la durata legale di una settimana lavorativa a 35 ore, contro le 39 ore precedenti. Per alcuni settori richiedenti una grande flessibilità oraria (come il campo medico e accademico) il rispetto di questi orari “da ufficio” non è sempre possibile, motivo per cui il datore di lavoro concede dei giorni di ferie in più destinati al riposo compensativo.

Svantaggi: presenteismo, maternità breve, stipendi non sempre adeguati.

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Nonostante le ferie e i tanti diritti del lavoratore, la Francia potrebbe migliorare in termini di life-work balance.

Gli orari flessibili sono vantaggiosi, ma le famose 35 ore vengono raramente rispettate, traducendosi spesso in infinite giornate di lavoro. Questo è a mio parere uno dei puù grandi svantaggi del lavorare in Francia.

Succede poi qualcosa di paradossale: per un impiegato che arriva in ufficio tra le 9;30 e le 10;00 nessuno si scandalizza, ma tutti si ricordano di lui/lei se “osa” uscire alle 17;00. Sebbene non in tutti i posti di lavoro (per fortuna!), la tendenza a lavorare fino a tardi per “farsi vedere dal capo” è ancora un po’ troppo diffusa. Poco importa che le pause caffè-cicaleccio durino un’ora, che la pausa pranzo duri oltre due ore e che il lavoro effettivo inizi verso le 11;00: la cosa importante è finire tardi, per dimostrare che, trattenendoti in ufficio, “ci tieni al tuo lavoro”.

Lasciare il posto di lavoro alle 17;00 è percepito come “finire presto”, a meno che non abbiate figli da andare a prendere a scuola. Per tutti gli altri, magari single e senza figli, si dà per scontato che non abbiano priorità impellenti e che possano lavorare fino a tardi. L’esatto contrario di quel che accade in paesi come Olanda, Danimarca e Islanda, dove l’overworking è mal visto e scoraggiato. Per lo stesso motivo sono ancora poche le aziende favorevoli al lavoro da casa o télé-travail. Per certi aspetti, lavorare in Francia significa quindi “farsi vedere in ufficio”.

Ho lavorato per diverse aziende a Parigi e ho notato spesso un disequilibrio tra vita privata e professionale.

O ci sono i workaholic veri e propri, oppure coloro che lavorano per bere caffè e scaldare la sedia, cosa che ho notato soprattutto nel settore pubblico. Siamo lontani anni luce dalla settimana di 4 giorni, dall’efficienza, dal senso del dovere e dagli orari ridotti dei paesi nordeuropei.

La situazione è difficile anche per i neo genitori, che godono di un congedo di paternità molto breve.

Si parla di 16 settimane per le neo mamme  e massimo 25 giorni per i papà. Non c’è quindi da sorprendersi che in altri paesi il tasso di natalità sia decisamente più alto che in Francia.

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Il mio settore è molto particolare: la ricerca scientifica non conosce orari, ha imprevisti all’ordine del giorno e non è mai pagata abbastanza. 

Per un dottorando, un ricercatore o un tecnico di laboratorio è normalissimo avere un’esperimento dell’ultimo minuto, una deadline improvvisa o addirittura una vacanza da posticipare. La scusa più banale è sempre “lo facciamo per la scienza”, ma la passione non può e non deve giustificare l’assenza di libertà e di diritto al riposo, soprattutto se a fine mese lo stipendio non è adeguato.

Sia ben chiaro, gli stipendi francesi sono in media più che dignitosi. 

Da quando vivo a Parigi riesco tranquillamente a pagare tutte le spese, concedermi viaggi e momenti di svago ed anche finanziare progetti futuri. Ma lavorare in Francia significa anche accettare mansioni impegnative e professioni qualificate ad un costo inferiore rispetto ad altri paesi. Gli insegnanti ad esempio sono pagati molto poco in cambio di lunghissime ferie: luglio ed agosto interi più due settimane ogni due mesi durante l’anno! Ma davvero basta solo questo?

Nel 2020, lo stipendio medio in Francia ammontava a poco più di 2000 euro netti al mesi. Quello che in Italia sarebbe uno salario ottimo, in città come Parigi è appena sufficiente. Questa situazione riguarda la maggior parte dei cittadini francesi, a parte alcuni pochi eletti che lavorano in determinati settori, come la finanza.

Non c’è da sorprendersi che alcune professioni siano piu’ pagate rispetto ad altre, ma a lungo andare rischia di dare vita ad una società elitista, in cui solo pochissimi fortunati possono comprare casa, investire ed avere un certo tenore di vita. Lo si nota soprattutto nell’immobiliare, uno dei tasti dolenti della vita a Parigi: senza contratto a tempo indeterminato è molto difficile affittare casa e quasi impossibile comprarne una. Banche e proprietari richiedono continue garanzie e per questo pretendono il posto fisso ed una busta paga generosa.

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Il mercato del lavoro francese resta forse un po’ troppo ancorato al mito del posto fisso e al lavoro di prestigio. Non per una questione di pressione sociale, ma di necessità legata al caro vita e al difficile mercato immobiliare. Per fortuna le cose stanno gradualmente cambiando, soprattutto tra i giovani che non esitano a fare varie esperienze o a lasciare un lavoro che non amano.

Prima di firmare un contratto in Francia, occorre quindi tenere conto di molti aspetti positivi e negativi che caratterizzano la cultura lavorativa d’Oltralpe. Resta un’esperienza intensa e molto formativa, ma il mio consiglio è sempre quello di informarvi e rifletterci bene. Fatemi sapere nei commenti se accettereste un posto di lavoro in Francia e perché.

8 commenti

  • Gabriella

    Ciao Chiara,

    Complimenti e grazie per questo articolo ricco di informazioni interessanti e precise sul lavoro in Francia. È davvero ben scritto.

    Mi sembra di capire che RTT siano i nostri ROL.

    È sempre molto piacevole leggere i tuoi articoli.

    Gabriella

  • Mary

    Ciao! Ho dato un occhiata veloce al tuo articolo cercando di trovare una risposta alla mia domanda! Mi pare di no quindi te la chiedo qui direttamente.

    Come ti sei trovata dal punto di vista sociale? Ti hanno mai fatto problemi per quanto riguarda il tuo accento italiano?
    Io parlo bene il francese ma non é mai e poi mai abbastanza, e peso che questo influirà molto sulla ricerca del lavoro! In questo momento sono in stage ancora per qualche giorno e poi in vacanza! Temo che se non avro contatti con i francesi, rischio di nuovo di dimenticare la lingua!

    Qualcuno nel gruppo di facebook “italiani in francia” mi dice di lasciar perdere la francia e tornare a lavorare in italia perché qui saro trattata sempre male, cosa ne pensi?

    • Chiara in progress

      Ciao Mary!

      Prima di tutto, ti invito a stare tranquilla e a non dare assolutamente retta alle cose che ti hanno detto. Lavoro in Francia da quasi 10 anni e sono stata sempre trattata benissimo. Anzi, i francesi adorano l’Italia ed il fatto di essere italiane è quindi per noi è un valore aggiunto.

      Avere un’ottimo francese è assolutamente necessario per vivere bene qui, ma se continuerai a studiarlo e praticarlo raggiungerai un buon livello di sicuro. Alcuni, devo ammettere, ti fanno notare magari che hai un “petit accent” e questo potrebbe essere mal interpretato. A me un po’ dà fastidio, ma non è detto con cattiveria perché per loro l’accento italiano è molto piacevole e musicale. C’è anche da dire che la maggior parte dei francesi non padroneggia l’inglese, quindi da questo punto di vista dialogare con una persona che non parla bene francese può rappresentare una seccatura. Ma con la pazienza tutto si risolve!
      Purtroppo tra gli espatriati ci sono tante persone felici ma anche un sacco di frustrati che magari non si sono mai integrati bene. Non ascoltare minimamente certe “male lingue” e se pensi che la Francia sia il posto giusto per te, vai x la tua strada!

      Chiara

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